Metodo
Diventiamo le storie che (ci) raccontiamo

Come progetto un’identità visiva? Come so se un logo rispecchia veramente il brand che deve rappresentare? E come capisco qual è l‘immaginario “giusto” per trasmetterne al meglio i valori? Queste sono le domande a cui devo rispondere in fase di progettazione, quando il foglio si riempie di idee tra cui mi devo districare per trovare la sintesi più efficace.
La risposta passa attraverso un metodo di lavoro che ho affinato negli anni e che si avvale di quattro strumenti fondamentali: il questionario, il concept, il tempo e…
Il questionario
Il questionario è il passo con cui apriamo le danze.
Personalizzato in base al tipo di progetto che dobbiamo sviluppare, serve a far emergere le sfumature con cui dai vita al tuo lavoro. Attraverso il questionario raccolgo informazioni indispensabili sulla mission, gli obiettivi, il target, i valori del brand ma anche, e soprattutto, su che rapporto hai stretto con questi elementi, come li vivifichi, perché li hai scelti, perché li senti tuoi. Le domande del questionario oscillano tra il dentro e il fuori, tra percezione e proiezione, e intessono una trama che mi permette di riconoscere il tuo tono di voce per leggere tra le righe cosa “c’è sotto”, cosa ti sostiene, cosa da linfa a quello che fai.
Il concept
Il concept è la storia da cui nasce la tua identità di brand.
É il concetto principale che delinea il tuo lavoro, la definizione degli elementi che ti contraddistinguono e che perciò fungeranno da stella polare in ogni fase successiva.
Lo metto a fuoco unendo l’analisi delle risposte al questionario allo studio dei tuoi canali di comunicazione (quando ci sono) e quando lo presento non lo spiego a parole ma lo racconto attraverso una piccola storia. Perché?
Perché in questo modo riesco a far “sentire” le vibrazioni e le connessioni che mi hanno ispirata e guidata, perché attraverso il racconto riesco a essere più esaustiva che non snocciolando spiegazioni, perché c’è una sensibilità particolare che nel tempo ho capito di avere e che ho imparato a veicolare.
Con un concept chiaro in mano, potremo spaziare e creare ogni tipo di contenuto visivo avendo la sicurezza di risultare sempre allineati al messaggio che vuoi comunicare.
Il tempo
Il tempo per me è come il lievito nell’impasto.
Proprio come quando si fa il pane, anche nel mio lavoro c’è un tempo per ogni cosa.
C’è un tempo per sedersi ad ascoltare le idee spesso confuse prima della partenza, per guardarle da vicino, per toccarle, soppesarle e giocarci fino a intuire un nuovo ordine. C’è un tempo per distrarsi, per lasciare riposare le intuizioni, per aspettare e stare a vedere cosa succede. C’è un tempo per tornare e per mettere alla prova quanto è stato trovato, fino a riconoscere la forma di ciò che è sempre stato sotto.
Il mio lavoro può accadere grazie all’alternarsi di tutti questi tempi, che sono indispensabili affinché il risultato sia duraturo.
Per questo motivo prendo le commissioni di identità visiva con un anticipo di almeno due mesi rispetto all’effettivo avvio dei lavori, per lasciarti un tempo comodo per rispondere al questionario e per prendermi un periodo propedeutico all’immersione nel tuo universo.
E poi c'è l'ingrediente segreto
Sei tu.
C’è una cosa particolare che mi spinge a fare questo lavoro in questo modo: il desiderio di scoprire cosa succede quando la mia storia si unisce a quella di un altro. Il risultato di questo incontro non è mai solo farina del mio sacco e, ne sono certa, sarebbe molto diverso se le persone che si affidano a me non partecipassero alla sua creazione.
No, non sono quel tipo di designer da cui ci si può aspettare una soluzione senza fare nulla oltre a mandare la prima mail.
Lavorare con me significa mettersi in gioco, sporcarsi le mani, scavare per arrivare fino al nocciolo. Ti chiederò di fare luce negli angoli bui, di soppesare ogni perché, di lasciarmi entrare nel tuo mondo.
É un atto di grande fiducia, lo so, ma ti prometto che lo ricambierò con rispetto e cura.
Poi, vedrai: quando riemergeremo, avremo entrambi occhi nuovi con cui guardare più lontano.
E non è forse un po’ magia, questa?
